Il Milan di Coppa. Da sinistra in piedi: Malatrasi, Rosato, Rivera, Schnellinger, Prati, Cudicini. Accosciati: Sormani, Trapattoni, Hamrin, Anquilletti, Lodetti. La stagione 1968-69 si apre subito proiettata sulla Coppa dei Campioni: al primo turno il Milan affronterà gli svedesi del Malmoe con partita di andata fuori casa. In vacanza a Rimini ascolto per radio l'andamento non proprio esaltante di quella partita che stiamo perdendo per 2-0 fino al gol di Rivera che fisserà il risultato sul 2-1. Il ritorno però è tutt'un'altra musica e stracciamo gli svedesi per 4-1 non senza qualche patema d'animo dato che il Malmoe era passato in vantaggio al 16^. Ma ci penseranno due volte Prati, Sormani e Rivera a rimettere le cose a posto. Il secondo turno, col Celtic, si gioca a metà febbraio e San Siro è una pista da sci per la neve che continua a cadere anche durante l'incontro. La televisione trasmette quella partita surreale commentata da Nicolò Carosio e il risultato non può essere che...bianco. Il ritorno a Glasgow, anche quello trasmesso in tv, è visto come uno spauracchio. Gli scozzesi in casa sono fortissimi, ma il Milan in contropiede colpisce con Pierino Prati. Tutto il resto della partita (buona parte del primo tempo e tutta la ripresa) è una sofferenza. Io assisto in piedi divorato dalla tensione, mando a quel paese giocatori e parenti prossimi e venturi, ma la difesa del Milan tiene e alla fine Nicolò Carosio può svelare che andrà a riscaldarsi in qualche pub scozzese con un bel wisky e un risotto caldo. Dopo il Celtic ci tocca il Manchester United di Stiles, Best e Bobby Charlton. Sono autentiche battaglie con Cudicini che nella partita di ritorno viene bersagliato da bulloni, pietre, bottiglie e oggetti di ogni genere, ma rimane stoicamente al suo posto parando questo e l'altro mondo. A fine partita gli verrà affibbiato il soprannome di Black Spider (Ragno nero) per quelle lunghe braccia che catturano tutto nella sua ragnatela. Dove non arriva lui arriva Santin che di tacco toglie dalla porta un tiro destinato in rete. Io seguo la partita come al solito; può arrivare un terremoto del nono grado ma io rimango lì al mio posto (sempre in piedi) a imprecare e a soffrire. Ma alla fine siamo in finale, che, di fronte ai turni precedenti, risulta una passeggiata. Dopo sei anni posso ancora esultare per la Coppa dei Campioni.