Il Milan è una fede
La coreografia della Curva nell'ultima partita casalinga di campionato . Adesso si dirà che noi tifosi non siamo mai sazi, che vorremmo che la nostra squadra vincesse sempre e comunque, ma mai come in questa stagione il Milan poteva fare l'en-plein. In campionato la Roma, seconda, viene distanziata di undici punti, la Supercoppa Europea viene messa in bacheca con la vittoria di stretta misura sul Porto, poi arrivano le dolenti note: perdiamo la Supercoppa Italiana con la Juventus ai rigori dopo essere passati in vantaggio nel primo tempo supplementare, perdiamo la Coppa Intercontinentale con il Boca Juniors ai rigori dopo essere andati in vantaggio con Tomasson e quello che più brucia e...fa giurisprudenza per gli incontri a venire, veniamo eliminati dalla Champions League dal Deportivo La Coruna perdendo fuori casa per 4-0 dopo aver vinto in casa per 4-1. Dalla Coppa Italia usciamo, stavolta meritatamente, in semifinale per mano della Lazio. In definitiva, una stagione che riporta lo scudetto in casa Milan dopo cinque anni, ma che poteva chiudersi ben più gloriosamente con un po più di fortuna dalla nostra parte. Andiamo ad analizzare le partite incriminate per ordine cronologico. Il primo incontro è valido per la Supercoppa di Lega, si gioca il 3 agosto a New York, avversari i gobbi juventini. I tempi regolamentari terminano col risultato bianco, nei supplementari Pirlo al 107' porta in vantaggio il Milan su rigore, ma un minuto dopo Trezeguet ci dà il dispiacere dell' 1-1. Si va ai rigori e Brocchi ci rimanda a casa scornati. Passano i mesi, arriviamo al 14 dicembre e siao a Yokohama per la finale di Coppa Intercontinentale, avversario il Boca Juniors di Carlos Bianchi. Quasi subito passiamo in vantaggio con Tomasson ma in cinque minuti gli argentini ci riprendono con un gol di Donnet. Tutto da rifare; sulla carta il Milan è più forte degli argentini, ma loro tengono duro e con le buone e con le cattive ci mandano ai supplementari prima e ai rigori poi. Il primo rigore lo tira Pirlo e lo sbaglia, sbagliano anche loro al seondo rigore e si torna in parità fino all' ultimo quando sul dischetto va Costacurta. Errore madornale e addio Coppa Intercontinentale. Due Coppe perse in malo modo, dopo essere andati in vantaggio, ai rigori e per cali di concentrazione. Arriviamo alla Champions League. Qui il suicidio calcistico assume caratteri quasi paradossali. Il 7 aprile andiamo a La Coruna per affrontare i locali nella partita di ritorno per i quarti di finale. La partita di andata si è chiusa 4-1 per i rossoneri. Si fanno già i conti su chi sarà avversario del Milan nelle semifinali; ma l' oste ha deciso diversamente. La squadra scende in campo bolsa, troppo sicura di se stessa e del verdetto dell' andata. Risultato: dopo 45 minuti siamo già fuori dalla Champions, perdiamo 3-0, ma avremmo ancora il secondo tempo per portare a casa la qualificazione, basterebbe segnare un gol e non prenderne altri. Macchè, il Deportivo fa un altro gol e ci rimanda a casa . La Champions ci dà l' arrivederci al prossimo anno, dove purtroppo andrà anche peggio...
Una perplessità collettiva è sorta riguardo alla decisione del Tribunale di Madrid di respingere la richiesta di identificare le 200 anonime sacche di sangue incriminate, che saranno distrutte. Nel calcio, nel ciclismo, nel tennis e in molti altri sport la Spagna ha conseguito risultati straordinari negli ultimi anni. Andrea Pirlo, nella sua autobiografia, torna con la mente a quel Deportivo La Coruna – Milan della stagione 2003/2004, in cui gli spagnoli travolsero i rossoneri con il risultato di 4-0 (5’pt Pandiani, 35’ pt Valeron, 44’pt Luque, 31’st Fran), ribaltando il 4-1 (11’, Pandiani, 45’ Kakà, 46’ Shevchenko, 49’ Kakà, 54’ Pirlo) subito a San Siro. Al capitolo venti del suo libro “Penso quindi gioco” l’ex milanista descrive quella sciagurata partita: “Le probabilità che non riuscissimo a passare il turno erano pari a quelle di vedere, prima o poi, Gattuso laureato in lettere. Già pensavamo alla semifinale, come se ce l’avessero cucita addosso prima di salire sull’aereo per la Galizia. Una passeggiata confezionata su misura per noi. Non avevamo considerato un paio di altre possibilità: che il sarto impazzisse ma soprattutto che i giocatori della nostra squadra fossero colpiti da una grave amnesia, tutti insieme nello stesso momento. E’ accaduto l’impensabile, ci siamo dimenticati di giocare, è finita quattro a zero per gli altri. Ci hanno ridicolizzati”.“Ci siamo fatti male da soli, e questa è la premessa necessaria, però ripensandoci a qualche anno di distanza c’è qualcosa che non mi torna. I nostri avversari andavano a mille all’ora, compresi giocatori un po’ in là con l’età, che non avevano mai fatto della velocità abbinata alla resistenza fisica il loro punto di forza. La scena che più mi ha colpito è stata vederli correre, tutti, nessuno escluso, anche nell’intervallo. Quando l’arbitro Maier ha fischiato la fine del primo tempo, sono schizzati nello spogliatoio, l’andatura era quella di Usain Bolt. Non riuscivano a fermarsi nemmeno in quel quarto d’ora di riposo tecnico, inventato apposta per tirare il fiato, quantomeno per camminare. Fulmini imprendibili, schegge impazzite”. Per Pirlo a pensar male si fa peccato, ma…“Non sono in possesso di prove, per cui la mia non è un’accusa, mai mi permetterei di formularla. Semplicemente è un pensiero cattivo che mi sono concesso, però per la prima e unica volta nella vita mi è venuto il dubbio che qualcuno sul mio stesso campo potesse essersi dopato. Forse è solo la rabbia di un momento non ancora riassorbita. I calciatori del Deportivo erano assatanati, galoppavano verso un traguardo che solo loro intuivano (ciechi noi, che infatti siamo stati brutalizzati). In semifinale hanno incontrato il Porto e sono stati eliminati, nel giro di qualche tempo sono spariti da tutte le competizioni che contano”.:
"Gattuso stava impazzendo per colpa di Kaladze. Il compleanno di Rino è il 9 Gennaio. Qualche giorno prima, all'inizio di un allenamento, Kaladze ci ha fermati tutti e ha chiesto la parola: "Mister, scusa ma devo dire una cosa importante." "Prego Kakha" "Mancano 3 giorni al compleanno di Gattuso." Forse gli era saltata qualche rotella, ma abbiamo fatto finta di niente. La sera a cena, di nuovo "Scusate ragazzi devo parlarvi." "Dicci Kakha." "Mancano due giorni e quattordici ora al compleanno di Gattuso". Il mattino seguente stessa scena. Ha alzato la mano e io non l'ho neanche lasciato parlare "Vai Kakha..." "Mancano due giorni al compleanno di Rino Gattuso." I compagni cominciavano a ridere, Rino a incazzarsi. Si sentiva tirato in mezzo. Il conto alla rovescia è diventato un tormentone fino alla notte dell'8 Gennaio: "Ragazzi mancano 3 ore al compleanno di Gattuso" Rino ormai non riusciva più a controllarsi. L'avrebbe preso a bastonate. Finalmente poi è arrivato il 9 Gennaio: niente. Zero. Tutti zitti. Il silenzio dei giorni peggiori. Allora sono intervenuto io: "Kakha, non è che per caso hai qualcosa da dire?" "No mister, e perché mai dovrei parlare?" "Ma non ti sei dimenticato niente?" "Direi proprio di no." Ho guardato Rino con la coda dell'occhio, era carico come una bomba, pronto ad esplodere. Si è tenuto, pensava di aver vinto lui. Il 10 gennaio, a colazione, in ritiro, Kaladze si è avvicinato a me con una faccia tristissima. Sembrava che fosse successo qualcosa di grave: perciò mi sono preoccupato e ad alta voce gli ho chiesto: "Ma c'è qualcosa che non va?" "Sì, mister, mancano 364 giorni al compleanno di Gattuso." Boato in sala, eravamo di fronte a un genio. Subito rincorso da Rino, che lo ha raggiunto e gli ha tirato un sacco di mazzate: credo sia lì che Kakha ha iniziato a sentire i primi scricchiolii al ginocchio."
Carlo Ancelotti