Il Milan è una fede
Una simpatica immagine caricaturale del Milan 1994-95. Dopo essersi aggiudicato la Supercoppa Europea a spese dell'Arsenal ed essersi arresi agli argentini del Velez Sarsfield nella finale di Coppa Intercontinentale (brutta partita, rifacendola nove volte su dieci un Milan un po' più in forma la vincerebbe) i rossoneri giungono per la terza volta consecutiva alla finale di Champions League. L'avversario questa volta è l'Ajax di Amsterdam che nella fase a gironi ce le ha già suonate sia in casa che fuori. Ma quello era un Milan ancora imballato, quello che si presenta alla finale di Vienna è comunque un Milan più tonico, anche se in campionato chiuderà al quarto posto a tredici lunghezze dalla Juventus. In finale ritroverà sulla sponda opposta Rijkaard e dal canto suo Capello ha una bella gatta da pelare: Savicevic non sta bene, deve provare prima dell'incontro ma ha saltato le ultime due gare di campionato per uno stiramento. Le sue probabilità di giocare sono ridotte al lumicino e infatti all'ora di pranzo per voce di Galliani arriva la sentenza: vedrà l'incontro dalla tribuna. Nel sentire questo mi cascano le braccia; sulle invenzioni del montenegrino facevo leva per sperare in una vittoria, ora sono convinto che solo una partita perfetta può regalarci la Coppa dei Campioni. E la partita del Milan è 'quasi' perfetta. Nel primo tempo Simone si mangia un gol che è un rigore in movimento, poi però i rossoneri controllano bene le folate olandesi. Fino a sei minuti dalla fine, quando Rijkaard (proprio lui) serve a Kluivert una palla su un vassoio d'argento e Kluivert, entrato nel secondo tempo al posto di Litmanen, insacca. Fine dei giochi e Coppa all'Ajax.